#ALLERGIA #ACARI #BAMBINI
Gli acari sono microrganismi invisibili a occhio nudo, vivono prevalentemente nella polvere contenuta nei materassi, cuscini, piumoni, coperte.
Principali consigli utili per i soggetti allergici agli acari:
1) Usare coprimaterassi e copricuscini di prodotti efficaci e certificati per essere impermeabili agli allergeni e quindi atti nell’isolare il contatto tra il paziente e l’acaro,
2) Pulire con panno umido, usare aspirapolveri con filtri HEPA atti a bloccare oltre il 99.5% delle particelle di piccolo diametro (0.6 micron), la mancanza di tali filtri determina riammissione nell’ambiente di frammenti di acari che se inalati possono nell’allergico scatenare una crisi acuta,
3) Togliere tappeti e moquette dalla stanza del bambino allergico,
4) Rendere lo spazio della stanza da letto facile da pulire,
5) Evitare di saltare su letti e divani e di “far battaglie” con cuscini,
6) Portare con sé coperture anti acaro anche durante i soggiorni fuori casa.
I prodotti specifici (i cosiddetti farmaci acaricidi) non si sono dimostrati efficaci nel ridurre le quantità di acari e in particolare la quantità allergenica nell’ambiente e in grado di scatenate una crisi asmatica.
Molto meglio usare prodotti farmacologici atti a contrastare i sintomi, i quadri clinici scatenati dall’acaro della polvere di casa. In particolare utile è usare antistaminici per via orale in caso di oculorinite, cortisonici per via locale (nasale e bronchiale) o per via generale (orale, intramuscolo, endovena) in caso di rinite-asma bronchiale, broncodilatatori e/o anti leucotrieni in caso di asma. In casi particolari è possibile utilizzare anche anticorpi anti IgE (omalizumab). Un’immunoterapia specifica è un provvedimento di sicura efficacia e porta notevole giovamento al bambino allergico agli acari. L’immunoterapia in genere si inizia, se necessario, dai cinque anni di età.
Le allergie agli acari si possono manifestare in diversi modi
Rinite:Naso che cola con secrezione sierosa, acquosa; starnuti continui solitamente uno dopo l’altro; prurito nasale con presenza di strofinamento del naso tramite un movimento solitamente dal basso verso l’alto fatto con la mano sul naso e definito come il “saluto dell’allergico”; sensazione di “naso chiuso” dovuta a un ingrossamento dei turbinati nasali e a un aumento (ipertrofia) anche dello spessore della mucosa nasale che determina difficoltà al passaggio dell’aria dal naso.
Asma bronchiale: È un quadro clinico caratterizzato principalmente dalla presenza di tosse secca insistente, dalla difficoltà a respirare sia nell’eliminare l’aria cioè in fase espiratoria sia nell’immettere l’aria cioè in fase inspiratoria; si ha presenza di sibili, cioè di “fischi” come normalmente chiamati, prevalentemente espiratori ma anche inspiratori. Durante gli episodi di asma acuto possono essere usati dal bambino tutti i muscoli necessari a favorire l’espansione del polmone resa difficoltosa dall’ostruzione che si realizza a livello bronchiale rendendo difficoltoso il passaggio dell’aria. Infatti il bambino può presentare dei rientramenti visibili a occhio nudo a livello costale oppure dei movimenti dell’addome dovuti all’attività del muscolo diaframmatico che tende ad abbassarsi per favorire la espansione del polmone.
Inoltre per cercare di portare in tutto il corpo il poco ossigeno che riesce a passare attraverso i bronchi ostruiti, si ha un aumento dei battiti cardiaci volti a portare più sangue che trasporta ossigeno in tutto l’organismo. Per lo stesso motivo si ha un aumento degli atti respiratori, cioè della frequenza, per cercare di portare a livello alveolare più ossigeno possibile.
L‘allergia non è ereditaria, è presente solo una predisposizione genetica ad avere sintomi e quadri clinici allergici in generale; non è presente una predisposizione ad avere allergia a un particolare allergene come ad esempio gli allergeni presenti negli acari della polvere di casa.









![Foto: La Psicologia con i bambini Come far dormire i bambini, una rassegna dei metodi #psicologia #bambini #sonno Questo è uno degli argomenti più dibattuti nel web e tra mamme spesso alla ricerca della soluzione miracolosa per dar tregua all'insonnia a cui difficilmente si resiste a lungo, soprattutto se poi si deve andare a lavorare... Su questo argomento vanno fatto alcune differenziazioni legate all'età del bambino, perchè un conto sono i neonati un altro i bambini più grandi. Uno dei metodi divulgati soprattutto per i neonati, che a suo tempo apparivano utilissimi e che in tre giorni promettevano di riuscire a far dormire tutta la notte nel proprio letto anche bambini di 4/6 mesi, è il famoso libro di Estivill "Fate la nanna". Il metodo consiste in varie fasi: Preparare il bambino alla nanna, introducendo una routine da ripetersi ogni sera (bagnetto caldo, pigiama, lettura di una storia….); Mettere il bambino nel lettino, e lasciare subito la stanza; Se il bambino inizia a piangere, lasciarlo piangere per periodi di tempo controllati prima di rientrare, aumentando gradualmente il periodo di tempo (ad esempio prima 3 minuti, poi 5 minuti, poi 10, e così via); Quando si rientra, bisogna dare conforto al bambino senza prenderlo in braccio. Nel caso, non raro, in cui il bambino abbia vomitato, bisogna pulire tutto, dire al bimbo che va tutto bene, sempre senza prenderlo in braccio, e uscire dalla stanza; A questo punto, secondo Estivill, il bambino capisce che tanto piangere non serve a niente, e si addormenta... In realtà, questo metodo (prettamente comportamentista) ha diversi punti deboli: 1. Avete idea di quanti sono anche solo tre minuti di notte (l'eternità è più breve) mentre il tuo bambino piange?! 2. Si parte dall'assunto che il bambino pianga per richiamare l'attenzione quindi se non ottiene ciò che vuole si presuppone che il comportamento si estingua e lui impari ad addormentarsi da solo... "qui mamma e papà dovranno dimostrare la loro vera forza. Non dovranno pensare a Paolino che, in segno di supplica, alza i braccini con un viso triste o che, se più grande, urla tutta la sua disperazione [..] Piangerà, urlerà, singhiozzerà fino a strangolarsi, vomiterà, si agiterà in preda a convulsioni, dirà “sete”, “fame”, “bua” “ti prego”, “non ti voglio più” e quant’altro pur di riuscire a piegarvi. Ma voi fate finta di nulla, siate stoici"... ma con quale scopo?! 3. Il contatto calma, qualunque mamma può dirlo: quando la mamma prende in braccio il suo bambino questo si calma anche in pochissimo tempo e questo non è un "elemento da evitare per genitori poco capaci di reggere la frustrazione" come afferma Estivill, ma è il modo di costruzione della relazione in un periodo della vita del bambino in cui dipende totalmente dagli altri. Se non viene consolato in questo periodo imparerà che nessuno ascolta i suoi bisogni e riuscirà ad esprimerli in futuro? Al lato opposto c'è il metodo del co-sleeping (tutti insieme nel lettone) fino a quando il bambino non si sentirà pronto a dormire da solo. Questa modalità può essere utile se si cerca di costruire un rapporto stretto con il bambino. Inoltre è un metodo molto naturale, usato con successo da sempre sia dall’essere umano che nel mondo animale, e che quindi ha superato la dura prova dell’evoluzione, molte ostetriche lo consigliano al ritorno a casa dall'ospedale... ma non va bene per tutti e per tempi lunghi, sia per la persona sia per la coppia che sparisce usurpata dallo spazio per eccellenza. Inoltre, quando il bambino ha pochi mesi sta fermo.. ma poi comincia a scalciare, si mette di trasverso.... un incubo... in cui il risultato è sempre lo stesso: non si dorme! Un altro metodo che sembra più ragionevole e che in parte ho adottato è quello di Tracy Hogg "il linguaggio segreto dei neonati" in cui l'autrice consiglia di guardare il bambino e cercare di seguire i suoi bisogni ed i suoi ritmi. In realtà nel libro non insegna ad addormentarlo, ma a calmarlo e non agire e mettere in atto azioni che in realtà potrebbero agitarlo ancora di più... Questa è la teoria ed ognuno deve addattarla alla propria modalità e alle proprie realtà, ma funziona anche molto bene per molti bambini. Il punto debole resta che non sempre si riesce a riconoscere i segnali del sonno e magari continuiamo a stimolare il bambino che invece ha sonno ed il pianto è il suo modo per isolarsi. Ecco quindi alcuni consigli su come agire quando le cose non vanno secondo le aspettative. Prendetelo in braccio, e senza cullarlo, sussurrategli nell’orecchio con voce decisa “va tutto bene! Mamma (o papà) è qui. Dobbiamo imparare ad addormentarci da soli. Ora ti insegno come si fa.” Aspettate che il bambino smetta di piangere e poi mettetelo subito nel lettino. Ma come si fa a farlo smettere di piangere senza cullarlo? Tracy Hogg sostiene che gli si possono dare delle leggere pacche al centro della schiena, mentre si emette un suono sussurrante “shh shhh!” vicino all’orecchio del bambino. Non dentro l’orecchio! Lo sh sh sh deve essere appena più forte del volume del suo pianto. Pacche ritmate sulla schiena e shh shh nell’orecchio sono una specie di miracolo. Il neonato non è in grado si sostenere più di 2 stimoli alla volta. Se ci aggiunge il terzo, cioè il suo pianto, non ce la fa. Quindi è costretto a smettere di piangere. Voi a quel punto lo rimettete nel lettino, magari un pò di lato, e continuate a dare pacche e a fare sh shh per un pochino. Prima che si addormenti del tutto, smettete, e uscite dalla stanza. Io parto dall'assunto che se il genitore è tranquillo e mantiene la calma ed anche una fermezza accogliente anche quando il bambino si agita e piange disperato... piano piano riuscirà a calmarsi anche lui. Infine, se riusciamo a Guardare il nostro bambino sapremo trovare la soluzione giusta specifica ed unica, perchè nessuno lo conosce meglio di noi e questa convinzione e consapevolezza ci può guidare nella scelta giusta! - See more at: http://psicologia-bambini.blogspot.it/2014/04/come-far-dormire-i-bambini-una-rassegna.html#sthash.E7eAu3W0.dpuf](https://fbcdn-sphotos-d-a.akamaihd.net/hphotos-ak-frc1/t1.0-9/1970781_610359599055334_7604085503008377234_n.jpg)